http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/50575.pdf

Congiungimento famigliare Militari Polizia e del Corpo dei vigili del fuoco – Trasferimento a domanda e d’autorità nelle Forze Armate

  1. Il disegno di legge prevede anche di sancire il divieto, per tutti i militari fino al grado di tenente colonnello, di essere trasferiti d’autorità prima che siano trascorsi cinque anni dalla data della prima assegnazione o dell’ultimo trasferimento.




    E’ iniziata la discussione sul disegno di legge per il congiungimento familiare. Ieri al Senato si sono svolte le prime relazioni. Il senatore CANDURA (L-SP-PSd’Az), relatore per la 4a Commissione, ha osservato che il provvedimento all’esame delle Commissioni riunite si propone di istituire migliori tutele per il  personale delle Forze armate e di polizia in materia di  congiungimento famigliare nonché, per le sole Forze armate, relativamente al trasferimento a domanda e d’autorità.

In particolare, l’intervento si colloca nell’alveo della cosiddetta “specificità” del comparto difesa sicurezza,compiutamente definita nell’articolo 19 della legge n. 183 del 2010. Il comma 1 del predetto articolo, infatti, statuisce che: “Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

La predetta disposizione si somma, peraltro, a quanto già riconosciuto dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in base al quale il rapporto d’impiego del personale militare e delle Forze di polizia resta regolamentato da norme speciali di diritto pubblico ed è stato escluso dal regime privatistico, adottato come regola dalle amministrazioni pubbliche.



Secondo i proponenti del disegno di legge in esame, la normativa vigente non garantirebbe un corretto contemperamento tra le necessità familiari del personale e l’interesse pubblico all’efficienza del servizio. L’articolo 17 della legge n. 266 del 1999 nel disciplinare l’ipotesi del trasferimento del coniuge convivente impiegato in un’amministrazione dello Stato allorquando il militare o l’appartenente alle Forze dell’ordine sia trasferito d’autorità esclude infatti il caso in cui sia quest’ultimo a chiedere il trasferimento per congiungersi alla propria famiglia, configurando uno spettro d’azione incompleto e limitato.

Si è procededuto quindi alla disamina dell’articolato, osservando in premessa che l’articolo1 appare di prevalente competenza della Commissione affari costituzionali, e che sarà, pertanto, illustrato nel dettaglio dal relatore di quella Commissione.

Con riferimento all’articolo 2, volto a modificare la disciplina del trasferimento a domanda e d’autorità da parte delle amministrazioni militari, osserva quindi che il Codice dell’ordinamento militare (all’articolo 34, comma 2), stabilisce che rientra nelle competenze degli Stati maggiori di Forza armata e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri – tra l’altro – l’esercizio delle attribuzioni e delle attività relative all’impiego e al governo del proprio personale. Secondo i proponenti del disegno di legge, tale norma, però, attribuirebbe una eccessiva discrezionalità in capo alle singole Forze armate, con conseguenti possibili differenze di trattamento tra il personale appartenente alle diverse amministrazioni militari. Inoltre, se da un lato appare comprensibile che il trasferimento “d’autorità”
(ossia quello esercitato nell’esclusivo interesse dell’amministrazione militare), non possa essere soggetto ad una disciplina particolarmente stringente, non appare giustificabile l’assenza di previsioni più dettagliate per quanto riguarda la decisione dei trasferimenti “a domanda”, richiesti dal personale per proprie esigenze.

Per superare tale situazione, il disegno di legge propone pertanto di introdurre, nel Codice dell’ordinamento militare, un nuovo articolo (che sarebbe il 977-bis), relativo al trasferimento a domanda. Tale norma prevedrebbe che, con cadenza semestrale, le amministrazioni militari diramino un avviso contenente l’elenco delle posizioni disponibili, divise per sedi, fino al grado di tenente colonnello, escludendo quelle relative al comando degli enti. Sarebbe rimesso alle singole
amministrazioni la possibilità di suddividere tali posizioni per grado, ruolo, categoria, specialità, qualifica, nonché prevedere ulteriori requisiti o limitazioni. A tutti i militari interessati sarebbe riconosciuto il diritto di concorrere per tutte le posizioni rispetto alle quali siano in possesso dei requisiti, in ordine di preferenza. Le amministrazioni avrebbero 90 giorni (dalla pubblicazione  dell’avviso delle posizioni disponibili) per comporre e pubblicare le graduatorie.

Il disegno di legge prevede anche di sancire il divieto, per tutti i militari fino al grado di tenente colonnello, di essere trasferiti d’autorità prima che siano trascorsi cinque anni dalla data della prima assegnazione o dell’ultimo trasferimento. Il trasferimento non sarebbe nemmeno possibile prima di cinque anni dal termine dell’aspettativa per elezione a carica politica, con alcune eccezioni (assegnazione del comando di un ente, compimento dei periodi minimi di comando o di attribuzioni specifiche prescritti per l’avanzamento, consenso dell’interessato, incompatibilità ambientale o chiusura della sede ove il militare è assegnato). Le amministrazioni potrebbero comunque, per esigenze di servizio, procedere a ripianare d’autorità le posizioni vacanti, una volta esperito almeno un
tentativo di assegnare quelle posizioni a domanda. In tal modo verrebbe preservata l’autonomia d’impiego dell’amministrazione, che potrebbe colmare la vacanza ricorrendo al trasferimento d’autorità, previo accertamento dell’inesistenza di personale interessato ad essere trasferito volontariamente. Grazie a tale clausola, peraltro, si eviterebbe – a giudizio dei proponenti del disegno  di legge – il rischio, in presenza di personale interessato al trasferimento, di dover imporre a qualcun altro il trasferimento d’autorità con conseguente disagio per sé e per i propri famigliari. Infine verrebbe anche consistentemente ridotta l’erogazione dell’indennità di trasferimento d’autorità.

La relazione si è conclusa rilevando che l’articolo 3 demanda al Ministero della difesa, nel termine di centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, l’adozione con decreto di un regolamento sui trasferimenti a domanda delle Forze armate (al fine di disciplinarne le graduatorie in conformità alle già descritte disposizioni,
fissandone altresì i criteri e punteggi in riferimento all’anzianità di servizio, al numero di figli e all’eventuale presenza di gravi patologie all’interno del nucleo famigliare), mentre il successivo articolo 4 contiene la norma di invarianza finanziaria

In seguito ha preso la parola il senatore GRASSI (M5S), relatore per la 1a Commissione, che precisa preliminarmente che la Corte costituzionale si è già pronunciata sulla disposizione previgente in materia di trasferimento del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, di cui all’articolo 17
della legge n. 266 del 1999. Con la sentenza n. 183 del 2008, in particolare, si è riconosciuto che il ricongiungimento familiare è diretto a rendere effettivo il diritto all’unità della famiglia, che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana. Pertanto, operando un ragionevole bilanciamento di interessi, la
rilevanza costituzionale di tale diritto può giustificare una parziale compressione delle esigenze delle amministrazioni tenute a concedere il comando o distacco di propri dipendenti per consentirne il ricongiungimento con il coniuge.
Si sofferma, quindi, sull’articolo 1 del disegno di legge in titolo, con cui si riconosce al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, coniugato o unito civilmente con altro dipendente appartenente alla medesima amministrazione o a un’altra delle amministrazioni citate, il diritto – su
domanda – al congiungimento familiare, entro una distanza di 50 chilometri dal Comune dove presta servizio il più alto in grado dei due o, a parità di grado, quello con la maggiore anzianità di grado.

In caso di impossibilità ad attuare il trasferimento nel limite di 50 chilometri, in relazione allo specifico profilo d’impiego o a eventuali incompatibilità del personale da trasferire, o per assenza di sedi, lo spostamento avviene nella sede più vicina. In ogni caso, l’amministrazione che deve operare il trasferimento, valutate le proprie esigenze di impiego, può disporre il trasferimento in una sede
alternativa, acquisito il consenso dell’interessato.

Tale disposizione si applica anche nel caso che uno o entrambi i componenti della coppia legata da matrimonio o da unione civile appartengano alla categoria degli ufficiali piloti e navigatori di cui all’articolo 676 del codice dell’ordinamento militare.
Precisa, infine, che il trasferimento disposto su domanda dell’interessato non comporta alcun onere a carico delle amministrazioni coinvolte.
Conclude ricordando che, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 926 del 2013, i provvedimenti di trasferimento dei militari, rientrando nel genus degli ordini, sono sottratti alla disciplina generale sul procedimento amministrativo dettata dalla legge n. 241 del 1990 e, pertanto, non necessitano di particolare motivazione, in quanto l’interesse pubblico al rispetto della disciplina e allo svolgimento del servizio è prevalente su altri eventuali interessi del subordinato.
Si apre la discussione generale.

La senatrice GARAVINI (PD) ha sottolineato la particolare complessità della materia affrontata dal disegno di legge, proponendo che le Commissioni riunite effettuino un ciclo di audizioni di approfondimento.

Alle osservazioni formulate dalla senatrice Garavini si associata la senatrice RAUTI Anche ad avviso del relatore CANDURA (L-SP-PSd’Az) l’effettuazione di un ciclo di audizioni potrebbe fornire alle Commissioni riunite importanti elementi conoscitivi ai fini di una corretta valutazione dell’articolato.

Il sottosegretario TOFALO ha espresso una valutazione positiva sul provvedimento , osservando che, a monte delle questioni da esso affrontate, c’è il tema dell’equilibrio tra le esigenze della consistente componente di personale proveniente dalle regioni meridionali e la necessità di una distribuzione del personale su tutto il territorio nazionale, assicurando l’impegno del Governo anche su questo aspetto più generale.

La presidente TESEI, preso atto delle risultanze del dibattito, ha invitato i Gruppi a far pervenire alla Presidenza eventuali proposte di audizione.
Il seguito della discussione è quindi rinviato.



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